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Non voglio dimostrare niente a nessuno
di Rosalinda Camarda
Non mi piace stare tra la folla di gente che parla, parla, e dice sempre le stesse cose.
Mi sa troppo di gregge, di pecore. Le pecore fanno ciò che viene dettato loro dall’istinto: si aggregano, non si allontanano troppo, si sostengono vicendevolmente belando.
Se lo facessi, mi piacerebbe, quanto meno, essere la pecora nera del gregge, quella che mette in discussione ciò che per gli altri è già scontato, quella che ti fa venire il dubbio dove pensavi vi fosse la certezza.
Ecco perché quando arrivano momenti come questo, dove tutti sono obbligati a pronunciare parole, frasi di circostanza, per dimostrare la loro appartenenza al gruppo, a me viene la sindrome della pecora nera. E sto male. Perché i miei pensieri e le mie parole si confondono nella moltitudine di espressioni uguali, come una musica di sottofondo. Ancora più triste è per me sapere che ormai la comunicazione, per essere efficace, deve catturare la gente a ogni costo.
E allora giù con le frasi d’effetto, con le parole urlate, con le polemiche, con le offese, perché dobbiamo far sapere agli altri quello che pensiamo e quello che facciamo per dimostrare di esistere e far parte della comunità. Quale miglior mezzo, se non la comunicazione scritta, a questo punto diventa la testa d’ariete per irrompere nella mente altrui e introdurre il proprio pensiero? Perché ciò che pensi e quindi ciò che scrivi, ha un senso se ha dei testimoni, qualcuno che, pur se lontano, legge le tue parole e anche per un solo secondo della sua vita si è interessato a te. Più testimoni conquisti più è valido ciò che dici. No! Per me non è così.
Io non sento il bisogno di ‘conquistare’ i lettori a tutti i costi, non vivo di riconoscimenti facili conquistati con la pubblicazione di riflessioni scontate e populiste. Ecco perché questo editoriale non parlerà di dolore e di tristezza e sarà pubblicato a distanza di giorni dal 23 maggio e prima del 19 luglio.
La mia antimafia continuerà fuori dal clamore, nella vita di tutti i giorni. Perché ogni giorno è una ricorrenza se le cose non cambiano, ogni giorno è mio dovere ricordare chi ha offerto la propria vita per un ideale di legalità e giustizia. Quegli uomini e quelle donne, per me, moriranno ogni giorno finché il problema mafia esisterà. I miei sentimenti e le mie emozioni non vivono perché qualcuno le ascolta o le legge: vivono di vita propria, indipendenti da una celebrazione o commemorazione. Il mio testimone più importante è la mia coscienza ed è a lei che mi rivolgo ogni giorno per sentirmi una persona onesta. Quindi non mi serve la propaganda. Se chi mi legge, è una brava persona, già lo sa cosa è giusto e cosa è sbagliato, non saranno le mie parole a convincerlo/la. Uccidere è sbagliato di per sé, qualunque sia il movente. Ogni assassino ne ha uno.
Bisogna ricordare sempre questo principio a prescindere dalle circostanze. Capisco, però, che fa più rabbia se a morire per una giusta causa sono servitori della patria, che si sono esposti consapevolmente per difendere tutti noi dai parassiti che vogliono tenerci al giogo. E per questo ringrazio i tanti colleghi che, in questo lungo tempo, si sono impegnati a non tradire la memoria delle numerose vittime, raccogliendone l’eredità. Ma perdonatemi, devo assolutamente dirlo, ci sono anche troppe lacrime di coccodrillo, troppi estimatori postumi, che scendono in campo solo una volta l’anno, e troppa antimafia parolaia, come afferma Alfredo Morvillo.
Non voglio essere inserita nell’ apparato antimafioso di facciata che pervade l’Italia in occasione delle ricorrenze delle stragi di mafia, quasi che ciò potesse dimostrare che lo Stato, e i cittadini, non dimenticano.
La mia tristezza e il mio dolore preferisco affidarlo alle parti più nascoste di me, alla mia mente e al mio cuore.
La vera antimafia Linda, la facciamo noi a casa, educando i nostri figli, i figli di chi, come noi, ha visto tante volte laghi di sangue, volti sfigurati e automobili disintegrate… vivendo nella Palermo degli anni ’80, la Palermo che dicevano “Omertosa”… ma come si poteva non esserlo sapendo che chi ascoltava le tue denunce poteva non essere dalla tua parte ?? Ricordi Pippo Fava ??? Falcone lo ha dimostrato con il suo sacrificio, Borsellino lo ha inciso nel cuore di tutti noi: erano SOLI, tremendamente SOLI, sostenuti sempre e solo dai cittadini che come te, come me vivono ancora oggi così tragicamente questi amari ricordi ! Forse ci sentiamo ancora in colpa per non averli sostenuti abbastanza, avremmo dovuto fare di più, avremmo dovuto costringere gli altri ad essere come loro… E vanno ricordati sempre cara Linda perché in cuor nostro avremmo voluto essere come loro ma per codardia non lo siamo: gli onesti trionferanno solo quando riusciremo ad avere una società libera da loschi individui che si mescolano alla brava gente attirati alla propria rete di interessi dal bisogno, dall’ignoranza, dall’incultura: Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino erano come dovrebbero essere tutti gli uomini dello stato… e allora la mafia non avrebbe mai avuto modo di poter esistere… “qui muore la speranza dei siciliani onesti”… mi riecheggia sempre in testa quel cartello in Via Isidoro Carini, avevo solo 16 anni… ma ha segnato la mia maturità ! E quando vedo queste commemorazioni… e queste strane elezioni comunali mi convinco sempre più che l’uscita dal tunnel è ancora molto ma molto lontana…
Giorgio De Simone